giovedì 16 maggio 2013

La Gatta


Faccio entrare la gatta.

A casa mia i gatti non hanno nome, lei è la gatta.
Entra spesso con me la sera, e questa è una di quelle sere in cui mi rendo conto che esiste, e scelgo di darle una carezza.
È una gatta selvatica: quando siamo venuti qui era piccola, diffidente e non si lasciava avvicinare.
Un po' mi dispiaccio di non accarezzarla mai, e mi chiedo cosa cavolo pensi, come sia la sua vita, mi capita spesso con gli animali.
Abbassa la schiena, come per schivarmi: un gesto che non ha mai smesso, il residuo automaticamente scattante e staccante della sua selvaticità.
E allora mi chiedo un'altra cosa: mi chiedo come sia possibile che ancora non l'abbia capito, che noi non le faremmo mai del male.
Forse, quella carezza proprio la infastidisce, è quell'orribile e schifoso contatto con quegli esseri lumacosi che sono gli umani, ma è ciò che bisogna sopportare per una calda dormita sui panni da lavare e una mangiata a sbattimento zero.
Forse, allora, per vivere bene bisogna scendere a compromessi, non volere tutto perfetto.

Equilibrio.

Significa che su uno dei due piatti c'è qualcosa che bisogna sopportare.

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